Tra lo smeraldo dei boschi e il turchese delle acque di un luogo magico, dove le isole erano sirene e i fondali custodiscono tesori
Capita che le cose più belle siano più vicine a noi di quanto pensiamo. E che, come spesso si dice, cerchiamo lontano quanto abbiamo sotto casa. Per molti, Punta Licosa non è esattamente dietro l’angolo, ma la vicinanza a Salerno la rende una meta che sarebbe un vero peccato lasciarsi scappare. Se viaggiate nel Cilento, dunque, lasciatevi sedurre da questo luogo che sembra uscito da un altro tempo. E non solo per il mito che lo lega ai racconti omerici.
Una passeggiata imperdibile
Certo, l’isolotto verde e disabitato che spunta a un tiro di schioppo dalla costa ci chiama quanto la sirena Leucosia che gli ha dato il nome. E che, secondo la leggenda, sarebbe stata trasformata in scoglio dopo il rifiuto di Ulisse. Ma noi non faremo come Odisseo, e a tempo debito le faremo omaggio. Prima, però, godremo della sua attesa percorrendo il sentiero che dal porticciolo di San Marco di Castellabate conduce a Punta Licosa.
Si tratta di un percorso alla portata di tutti, ma non per questo scontato, come non lo è mai la bellezza. Se camminate veloci potrete impiegarci ben meno del paio di ore che le guide mettono in conto per coprirne i pochi chilometri, ma andare a passo troppo spedito vi impedirà di apprezzare appieno la bellezza della natura circostante. Che da queste parti è fatta di un mare cristallino sotto un cielo terso, ma anche di una vegetazione rigogliosa e selvaggia che in più punti si allunga fino all’acqua.

Nel cuore del Parco Nazionale
Con un dislivello di 40 metri e un terreno senza asperità, il percorso naturalistico è molto semplice, adatto anche a chi non pratica il trekking abitualmente. La prima parte della strada, ombreggiata, offre riparo dal sole e lascia intravedere, qua e là, qualche struttura ricettiva circondata dal verde. Proseguendo, la macchia mediterranea diventa protagonista, così come si fa più intenso il profumo dei pini d’Aleppo e del mirto.
Tanti sono anche i possibili avvistamenti faunistici, con gazze, merli e gabbiani a fare gli onori di casa. Posta com’è nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, al pari di tutto il territorio Patrimonio Unesco anche Punta Licosa offre un fantastico mix di boschi e mare, vegetazione selvaggia e fondali incontaminati. Non mancano i nuclei abitati, ma si tratta di manciate di case che contribuiscono al fascino del paesaggio, mentre ai boschi si alternano i terreni coltivati, primi tra tutti quelli ricoperti da vigneti. Sullo sfondo, il richiamo del mare è sempre suadente. E arrivati a Punta Licosa è anche più facile seguirlo.
Una bellezza da conquistare
A differenza di altri luoghi strepitosamente belli ma proprio per questo presi d’assalto dai turisti, questo tratto di costa è relativamente poco frequentato, dato che solo i residenti possono avvicinarlo in macchina e tutti gli altri devono arrivarci a piedi. O in barca. Le spiagge sono piccoli lembi di arenile e ciottoli abbracciati dalla vegetazione e per stendervi al sole dovrete un po’ adattarvi. O sistemarvi sul molo del porticciolo, riservato alle piccole imbarcazioni. La spiaggia più grande è quella che incontrerete appena superata la punta, direttamente in faccia all’Isola di Licosa. Sarà dunque difficile non farvi tentare dalla voglia di raggiungerla a nuoto, impresa peraltro più che fattibile.

Fauna e flora da proteggere
Se volete invece arrivarci in barca, ricordate che l’isola ricade nella Zona di Protezione Speciale (ZPS) Parco Marino di Santa Maria di Castellabate e nell’Area Marina Protetta di Castellabate e che tutto intorno non è consentito l’ancoraggio e l’ormeggio. Tali limitazioni sono giustificate – anche se non sempre rispettate – dall’esigenza di difendere il prezioso ecosistema dell’area. Sia chi pratica le immersioni e lo snorkeling sia chi, più semplicemente, nuota nelle acque tra la Punta e l’Isola capisce facilmente l’importanza di tale tutela. Che si estende dagli abitanti del mare a quelli della terra.
Totalmente disabitata e dominata dall’unica traccia umana del faro e dei ruderi della casa del suo antico guardiano, l’Isola di Licosa è in compenso popolata da bestiole individuabili solo da queste parti. In particolare, vi avvisterete esemplari del gabbiano corso (Larus audouinii), specie endemica dell’area del Mediterraneo, oltre a particolari lucertole dalla livrea verde e azzurra caratteristiche di questa area. Sulle sue rocce vedrete invece crescere specie vegetali capaci di sopravvivere e prosperare a contatto con l’acqua salata, mentre scendendo sotto il livello del mare potrete distinguervi bioconcrezioni del vermetideDendropoma petraeum, mollusco gasteropode tra le poche specie del Mediterraneo capaci di formare costruzioni superficiali, un po’ come accade con le barriere coralline tropicali.
Un passato mai cancellato
Sempre guardando verso i fondali riuscirete facilmente a individuare anche i segni del passaggio dell’uomo. Talmente antichi da essere ormai diventati parte del paesaggio marino. La visita all’Isola di Licosa vi consentirà infatti di vedere i resti sommersi di una villa romana e le pareti di una presunta vasca per l’allevamento delle murene – o comunque per la lavorazione del pesce – risalenti, si pensa, a un’epoca compresa tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C..
Una scoperta, questa, che probabilmente non sorprenderà gli appassionati di storia antica. Se siete tra questi, già in partenza da San Marco di Castellabate non avrete mancato la visita ai resti del suo approdo greco romano. Se invece ve li siete persi, di ritorno dalla Punta andate a cercarli. Li troverete che affiorano a pelo d’acqua accanto al molo moderno, testimonianza dell’importanza che la zona, come del resto l’intero Cilento, ha avuto per i commerci, gli scambi e la cultura del mondo antico.